Contesto

Analisi della situazione socio politica palestinese, in particolare le problematiche inerenti la disparità di genere e la violenza contro le donne, così come individuate durante la redazione del progetto.

Ramallah, Gennaio 2020

Nell’analizzare il caso palestinese si deve tener conto degli effetti di decenni di occupazione israeliana, che impatta su ogni aspetto della vita dei palestinesi. Le donne si trovano così a dover affrontare una doppia sfida: come palestinesi che vivono sotto occupazione militare e come membri di una società governata da una cultura fortemente patriarcale. La divisione geografica e le forti limitazioni alla libertà di movimento, derivanti da una fitta rete di checkpoint, posti di blocco e dalla costruzione del Muro, porta le donne a non sentirsi sicure nel viaggiare da sole o a essere spinte dalle famiglie a restare in casa. Tutto ciò ha effetti negativi sulla loro vita sociale, sull’istruzione e sulle opportunità lavorative. Anche il matrimonio precoce spesso è conseguenza dell’idea di mancanza di sicurezza per le giovani donne. I blocchi israeliani ostacolano anche l’accesso alle cure mediche (ad esempio si sono verificati casi di parti ai checkpoint dove le donne in travaglio erano state bloccate) [1]. Le donne devono inoltre prendersi cura delle migliaia di uomini e bambini feriti durante le operazioni militari israeliane; la povertà e la disoccupazione le rendono poi ancora più vulnerabili alle pressioni degli uomini da cui dipendono per la loro sopravvivenza e per quella dei loro figli. La vita sotto occupazione è inevitabilmente causa di stress e frustrazioni che influiscono sugli atteggiamenti violenti assunti dagli uomini. Nella società palestinese le donne sono spesso viste in un’ottica di subordinazione rispetto ai maschi della famiglia. Le ragazze adolescenti sono uno dei gruppi più vulnerabili a causa della loro esposizione alla violenza e dalle norme socio-culturali (ad esempio matrimonio e maternità precoce) e di una cultura ancora permeata dall’omertà e dalla stigmatizzazione della violenza di genere. Da una ricerca effettuata nel 2017 dall’ International Men and Gender Equality Survey - Middle East and North Africa in collaborazione con l’ Institute of Women’s Studies di Birzeit [2] (su un campione di 2300 intervistati) emerge che: l’80% degli uomini e il 60% delle donne ritengono che il ruolo principale della donna sia la cura della casa; circa il 75% delle donne e il 50% degli uomini ritengono che le donne abbiano lo stesso diritto del marito di lavorare fuori casa; il 59% delle donne e il 42% degli uomini credono che le donne dovrebbero avere maggiore rappresentanza nell'autorità politica, tuttavia la maggioranza ritiene che “le donne siano troppo emotive per essere leader”; il 23% degli intervistati ha dichiarato di aver visto, durante l’infanzia, la propria madre subire violenze fisiche da parte del marito o da un parente maschio; il 63% degli uomini ritiene invece che una donna dovrebbe tollerare la violenza per tenere unita la famiglia. Nonostante negli ultimi anni le istituzioni palestinesi abbiano implementato programmi di contrasto della violenza di genere, la carenza di informazioni e di servizi offerti rendono difficile per le donne accedere a soluzioni per le violenze subite. Tutto ciò crea una cultura favorevole alla violenza, rendendo accettabile un problema che rimane confinato nella sfera privata. Le discriminazioni di genere sono perpetuate anche nell’ambito scolastico dai libri di testo, in particolare in discipline: arabo, religione e studi sociali. L’Unione dei Comitati delle Donne Palestinesi ha effettuato un’analisi preliminare dei curricula scolastici e dei testi inerenti le materie sopracitate da cui è emerso che alcune immagini e testi incoraggiano alla violenza di genere o comunque all’esercitazione del controllo sulle donne e le ragazze. Questo materiale non promuove un approccio positivo al necessario cambiamento sociale e alla creazione di una forte interrelazione tra donne e uomini. È stata inoltre riscontrata una totale assenza di consapevolezza sull’impatto e gli effetti dell’esposizione alle minacce digitali su bambini e giovani, in particolare sulle ragazze e le donne. Questi soggetti non sono in grado di fronteggiare i pericoli che possono giungere dalla rete, ad esempio non hanno gli strumenti per comprendere o rispondere alle molestie sui social media. Nell’elaborazione del progetto si sta tenendo conto delle difficoltà che potrebbero scaturire a causa dell’occupazione militare israeliana, in particola re le difficoltà di movimento all’interno dell’area in oggetto e delle possibili incursioni dell’esercito nelle strutture preposte all’attuazione dello stesso (come accaduto ad esempio nella sede del nostro partner Comitato Unione delle Donne durante la stesura del progetto).

Nell’aprile del 2014 la Palestina aveva già sottoscritto la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna (CEDAW), una convenzione internazionale adottata nel 1979 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite e di cui la Palestina è stata l’unico stato firmatario in Medioriente. Gli Stati che rettificano questa convenzione si impegnano ad adeguare a essa la loro legislazione, a eliminare ogni discriminazione nonché a prendere ogni misura adeguata per modificare costumi e pratiche consuetudinarie discriminatorie. Anche in virtù di questa firma l’Autorità Nazionale Palestinese ha firmato negli anni recenti leggi e disposto provvedimenti, quali il ritiro del passaporto senza l’obbligo della firma dell’uomo e la possibilità per tutte le donne di aprire un conto in banca per i loro figli senza il permesso del marito. Ultima legge, promulgata lo scorso novembre 2019, è quella che riguarda l’innalzamento dell’età legalmente necessaria per contrarre matrimonio, passata da 14 a 18 anni.

A seguito di questi cambiamenti si sono verificate da parte di alcuni gruppi conservatori delle proteste che facevano l’esplicita richiesta di ritirare la Palestina dai Paesi firmatari della CEDAW, adducendo che le conseguenze della convenzione minavano le tradizioni della società palestinese.

Questi gruppi sono principalmente attivi nella zona di Hebron, dove hanno concentrato la gran parte delle loro attività propagandistiche, organizzate in contrasto ai diversi eventi di formazione sulla CEDAW e generalmente dedicati al tema della parità di genere e del contrasto alla violenza sulle donne, presenti sul territorio.